Di seguito l'editoriale in merito al posizionamento di Sinistra Critica alle prossime elezioni amministrative.
E' un quadro politico del tutto sfilacciato quello in cui si stanno preparando le elezioni amministrative di metà maggio. Il governo di Silvio Berlusconi sembra un “morto che cammina”, preda di una crisi di prospettiva che sta incubando progetti politici differenti al suo interno e che sembra trovare unità politica solo nelle misure parlamentari di protezione del presidente del Consiglio: processo breve, conflitto di attribuzione sul “caso Ruby”, riforma della giustizia, etc. Per il resto, esistono linee diverse, probabilmente interessi sociali diversi, prospettive che al momento convivono ma che, domani, potrebbero portare a un'evoluzione del quadro politico e a una differente geografia. Non è un caso che si assista alla formazione del correntismo interno al Pdl con un'ala che guarda alla Lega e si appoggia al ministro Tremonti, un'altra che si arrocca attorno ad alcuni notabili ex democristiani come Scajola o Formigoni, le “nuove leve” (Gelmini, Alfano, Prestigiacomo, Frattini) che cercano di fare quadrato, gli ex An in preda al panico. A rischiarare con il faro della crisi la vita del governo Berlusconi ci sono gli attacchi – se così si possono chiamare – degli ultimi due presidenti di Confindustria, Emma Marcegaglia e Luca Cordero di Montezemolo da due anni in procinto di tuffarsi in politica in attesa del momento buono. Lentamente, impercettibilmente, quindi, il sistema di potere che ha retto l'Italia per circa venti anni si smuove anche se non è lecito prevederne una rapida caduta. Così come conviene non sottovalutarne le pericolosità perché proprio in momenti di crisi si può diventare più spietati e insidiosi come dimostrano le dichiarazioni, e le politiche, in materia di immigrazione o le varie forme di legislazione sociale in tema di lavoro e welfare. Senza contare la possibile approvazione del “federalismo fiscale” che costituisce un ribaltamento istituzionale dei rapporti di forza sociali creatisi nel dopoguerra e finora messi in discussione solo con l'introduzione del sistema bipolare. Ma lo scricchiolio esiste e motiva gran parte delle mosse politiche: da un lato si agita un “antiberlusconismo” radicale che si nutre delle malefatte del premier (tante e disgustose) in una serie di manifestazioni di piazza più o meno riuscite ma in grado di monopolizzare l'attenzione (la piazza delle donne il 13 febbraio, quella sulla difesa della Costituzione il 12 marzo); dall'altra, però, sono in molti a lavorare all'ipotesi di una transizione governabile, magari fondata sulla cacciata di Berlusconi grazie a qualche forma di “salvacondotto” che possa facilitare una fase nuova. E' il progetto di Fini e Casini che ha l'assenso di Bersani e Di Pietro, l'auspicio del Quirinale e forse, ormai, la benedizione di Vaticano, Confindustria, Banca d'Italia, Unione europea. Un progetto difficile fino a quando Berlusconi riuscirà a tenere incollati i vari pezzi che lo circondano. A dare risonanza a questi “auspici” ci sono le varie manifestazioni di piazza mediaticamente sostenute da Repubblica, in chiave di adunata “anti-premier”mentre restano più modeste le manifestazioni legate a temi concreti e “sensibili” come nel caso della guerra e della precarietà.
Il punto è che, in un passaggio di crisi come l'attuale, a mancare è l'opposizione sociale – la Cgil fa uno sciopero controvoglia e il sindacalismo di base si divide ancora – ma anche un'opposizione politica che scelga un approccio radicale. E' del tutto evidente che il “fenomeno” Vendola, che pure tante speranze e attenzioni sta suscitando, si sviluppa esclusivamente in chiave di rafforzamento del centrosinistra nel tentativo – tentato già quante volte? - di ancorarlo a sinistra. E quel poco che resta della vecchia Rifondazione a parole dichiara di voler costruire un'alternativa ma poi rompe con il Pd solo quando questo la butta fuori.
In questo quadro, la campagna elettorale non offre particolari novità. Se il centrodestra verificherà la sua tenuta in particolare nelle comunali di Milano – le più significative su scala generale, là dove si misurerà la tenuta dello stesso Berlusconi – il centrosinistra ripropone piuttosto staticamente il solito quadro unitario con la sostanziale eccezione di Torino. In realtà c'è anche Napoli ma in quel caso la divisione – De Magistris sostenuto da Idv, Federazione e centri sociali, Morcone sostenuto da Pd e Sel – è molto di facciata visto che a livello municipale i due schieramenti tendono a convergere e, soprattutto, visto che è garantita la fusione all'eventuale secondo turno.
Per la sinistra di alternativa si tratta di un'ennesima occasione sprecata. Alcune cose sono avvenute come l'alleanza a Torino tra la Federazione della Sinistra e Sinistra Critica oppure la formazione della lista “Napoli non si piega” che vede ancora SC stavolta alleata della Rete dei comunisti e di Sinistra popolare. Però nelle altre grandi città prevale una logica di “grande alleanza” e quando si verificano fratture non è per una logica complessiva, ma per scontri locali o linee di dissenso da quadro nazionale. Sempre a sinistra si registra l'attitudine solitaria del Pcl che rifiuta ipotesi di alleanze, sia pure solo elettorali, e un ondeggiamento sospetto di Sinistra, Ecologia e Libertà che dimostra come, dietro il successo e l'appeal di Nichi Vendola, ci sia un partito piuttosto differenziato al suo interno.
Per quanto riguarda Sinistra Critica, le sue scelte sono diversificate ma tutte nel quadro di un'impostazione riassumibile nello slogan “Uniti a sinistra, alternativi al Pd” che poi è anche la riproposizione del binomio “unità e radicalità”. Ci sono l'alleanza di Torino e Napoli, già ricordate, lo schieramento di Casoria – seconda città della Campania – che vede SC, Fds e Sel alternativi al resto del centrosinistra e poi le liste “solitarie” di Rimini e Cattolica. A Milano SC ha deciso di non proporre una propria lista dopo che i tentativi di costruirne una della sinistra alternativa sono andati falliti. Nessuna illusione sulla possibilità di Pisapia di governare con chi (il Pd) ha contribuito a creare l'Expo ma nemmeno nessuna volontà di giocare una partita propagandistica fine a se stessa. E' chiaro che se i piccoli tentativi di costruire una linea diversa e una proposta alternativa avessero un successo, anche parziale, si tratterebbe di fatti rilevanti. Ma la strada per ricostruire una sinistra alternativa, dotata di massa critica e davvero alternativa, è ancora lunga.
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