lunedì 25 ottobre 2010

Dopo il grande corteo del 16 ottobre: costruire dal basso lo sciopero generale

Alla fine Epifani ha ceduto alla pressione della piazza, a quegli operai e studenti che a pochi metri da lui gli hanno urlato "sciopero generale" per tutta la durata del suo intervento. Ed è stato costretto a dire "lo faremo" senza specificare come né quando. In realtà è difficile che la Cgil cambi la linea tenuta finora, a meno di un cambio generale nel quadro politico. La bussola resterà quella del "patto sociale" con Confindustria, che si riunirà di nuovo il 21 ottobre, e di una possibile ricucitura con Cisl e Uil ipotesi a cui lavorerà soprattutto il Pd come dimostra l'intervista di Bersani a Repubblica.La Cgil ovviamente dovrà risentire della manifestazione di sabato 16, troppo grande l'impatto complessivo e il prestigio accresciuto della Fiom per fare finta che tutto proceda come prima. Probabilmente ci saranno delle lusinghe al gruppo dirigente di Corso Trieste fino al giorno prima tenuto a debita distanza ma non sembrano intravedersi elementi portanti di un cambio di rotta. Soprattutto nel paese reale, nelle fabbriche e nel clima di rassegnazione che si respira. Se la manifestazione Fiom modificherà questo clima lo si vedrà nelle prossime settimane.
Il problema di fondo è che la Cgil è appesa all'ipotesi concertativa ed è ancora dipendente dai movimenti della politica. E la politica oggi ha detto che Casini non farà alcuna alleanza con un Pd che deve mediare tra la Fiom e tutto il resto. L'ipotesi di alleanza tra nuovo Ulivo e Udc passa anche per la ricucitura tra Cgil e Cisl e questa prospettiva resta ancora aperta anche se tutto la rende sempre più difficile.
Ovviamente la manifestazione di sabato è l'intralcio principale per le ragioni evidenti. In piazza si è rivisto ancora una volta quel paese legato alla storia e alle ragioni della sinistra di classe, che crede che i "padroni" esistano ancora, crede nella Costituzione, nel lavoro, in un'ipotesi di trasformazione sociale. Il discorso di Landini lo ha rappresentato plasticamente nelle sue varie sfumature. E' quel paese che si oppose nel 92 alla concertazione, che ha protestato contro le riforme delle pensioni, di destra e di sinistra, ha partecipato alle giornate di Genova, ha difeso l'articolo 18, ha dato forza alla Fiom e per quasi venti anni a Rifondazione comunista. E' un pezzo grande che sabato si è di nuovo fatto vedere. Certo, stavolta soprattutto "ristretto" alla Fiom con un po' di soggetti intorno, in particolare gli studenti. Qualche anno fa era un popolo più vasto, ma dimostra ancora di esserci. E questa "base" non è adatta a far ricompattare la Cgil.
Cosa potrà fare questo soggetto, come può passare dall'evento di un sabato pomeriggio a un movimento più di fondo? Le risposte sono scontate e difficili allo stesso tempo. E' chiaro che la dinamica dello sciopero generale è quella decisiva così come è importante la capacità di definire luoghi unitari per rendere stabile l'alleanza tra diversi e ricostruire relazioni che comunque sono consumate. Però non si possono evocare solo slogan e riferimenti astratti. Lo sciopero generale funziona se blocca il paese, la dinamica non la si improvvisa e attiene a una prospettiva di fondo, a un'organizzazione e convinzione delle lotte, insomma a una vera dinamica di movimento. Che, intanto, ha bisogno di ritrovarsi anche su parole d'ordine, obiettivi unificanti e mobilitanti: la riduzione d'orario di lavoro, il reddito sociale, il salario minimo, l'attacco a rendite e profitti, un discorso radicale sul debito.
Domenica, all'università di Roma il cartello "Uniti contro la crisi" ha svolto un'assemblea molto partecipata in cui ha posto questo nodo. L'assemblea è stata soprattutto un'iniziativa della composita area che fa riferimento ai centri sociali - dal nordest a Action di Roma, per intenderci - per rilanciare se stessa con un immaginario e una proposta di movimento adeguata alla fase ma con meccanismi e dinamiche già viste in azione più e più volte. Si è trattato in ogni caso di un'iniziativa positiva perché parla il linguaggio dell'unità tra soggetti diversi contro la crisi e si propone di ricostruire uno "spirito di movimento". Un'iniziativa utile, ma non può bastare. La differenza, infatti, la faranno le realtà locali. Davvero si possono ricostruire luoghi unitari tra realtà di fabbrica e territorio e tra queste e altri soggetti sociali, come gli studenti? Si impegnerà la Fiom in questa direzione, come ha annunciato più volte? Il cartello "uniti contro la crisi" sarà davvero unitario o è piuttosto un "logo" di area come abbiamo visto già altre volte?
Le risposte sulla fase che si apre stanno in queste domande. Il 16 ottobre ha aperto, ancora una volta, una finestra di opportunità che non ha nulla a che fare con la rappresentanza politica perché se si discute a quel livello ci si divide in dieci minuti - Vendola vuole allearsi con Bersani, Ferrero anche, però un po' meno, altri non ci pensano proprio, Bersani tratta con Casini, etc. Si tratta di capire se si svilupperà un progetto di movimento attorno al binomio "unità e radicalità" che tanta fortuna ha avuto nel biennio 2001-2003. Se son rose fioriranno.

tratto da www.ilmegafonoquotidiano.it

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